.

Na strende m'agghje 'ndise atturne o core / de fueche. Na u fa cchjù, ca pozze more. Da “Nu viecchju diarie d'amore” di Pietro Gatti

giovedì 5 aprile 2012

C'era una volta...


Cera una volta l'amministrazione Federico che si impegnò, se la memoria non m'inganna, per il restauro del Calvario stanziando circa 80.000 euro. La cittadinanza anch'essa diede il suo contributo raccogliendo circa 15.000 euro. Il sindaco e le autorità ecclesiastiche competenti si riunirono in un'assise pubblica nella quale la cittadinanza consegnò la somma raccolta  all'ammministrazione che si impegnò, con una somma in precedenza indicata, all'esecuzione dei lavori di restauro.
Domanda: a che punto è la procedura per il restauro del Calvario?
Esiste ancora in bilancio la famosa somma di 80.000 euro?
Speriamo che la somma raccolta dalla cittadinanza abbia prodotto buoni interessi.
Intanto il degrado degli affreschi avanza.


Pochi sanno che il Calvario fu costruito in un podere del Capitolo della Chiesa Collegiata di Ceglie in rendimento di grazie al Signore per lo scampato pericolo dopo l’epidemia di colera che si abbatté in tutto il Regno di Napoli tra la fine degli anni venti e gli inizi degli anni trenta del XIX secolo. Sacerdote incaricato per la predicazione e per la raccolta delle offerte dei fedeli fu Don Domenico Gatti che, in seguito, fu anche Arciprete di Ceglie dal 1837-1870. Il Rev.do Cantore ed Economo Curato della Chiesa Matrice, Don Rocco Urgesi, nel presentare il Can. Gatti come candidato per l’Arcipretura di Ceglie, vacante per la morte dell’Arciprete Vincenzo Nacci (Arciprete dal 1811 al 1837), scrisse al Vescovo di Oria Mons. Giandomenico Guida: «…ha recitato molti panegirici di Santi, ed in tutte le occorrenze straordinarie o poco o nulla previste, ha predicato molte volte e con molta sodisfazione del Publico, come fra le altre nelle occorenze del passato Cholera, e di doversi di tanto in tanto eccitare la devozione de’ Fedeli a concorrere colle loro limosine alla costruzione e compimento del Calvario...» (Ceglie 5 giugno 1837).
Da un post di don Gianfranco Gallone settembre 2008