Presagi e proverbi meteorologici nel sapere contadino di Ceglie Messapica
Cosimo Francesco Palmisano
Riflessioni-Umanesimo della Pietra, Martina Franca, Luglio 1998
La storia del bello e del cattivo tempo, nata nel solco del rinnovamento degli studi storici postulato dalla scuola francese des Annales, ha il suo più avvertito assertore in Emmanuel Le Roy Ladurie, il quale, analizzando il materiale più disparato (anelli di crescita degli alberi, date delle vendemmie, registri parrocchiali), è riuscito a costruire una storia sommativa del clima d'Europa dall'anno Mille. 1
Il suo studio mira a colmare un vuoto nella grande storia economica e sociale: carestie in conseguenza di cattivi raccolti, spostamenti in massa su grandi distanze di popolazioni, periodi di stagnazione e di espansione economica trovano, infatti, la loro giustificazione anche in un'analisi del micro e del macroclima.
Con questo contributo si tralascerà l'impatto del bello e del cattivo tempo su aspetti di microstoria economica e agraria e si muoverà, invece, dall'analisi dei presagi, dei proverbi, delle pratiche devozionali, connesse alla meteorologia, con riferimento alla campagna di Ceglie Messapica.
Questo cumulo di sapere empirico era parte di una mentalità magica, che in un contesto economico chiuso e prevalentemente di autoconsumo aveva codificato, attraverso osservazioni sperimentali, un proprio patrimonio di conoscenze orali. Tali conoscenze servivano da guida negli atti quotidiani del lavoro nei campi, fortemente condizionato da favorevoli o da avverse condizioni meteorologiche, nonché dal ciclo delle stagioni.
L'immagine circolare delle stagioni, implicita anche nell'etimologia di anno (dal latino annus, anello del tempo), 2 si sostanzia con il contributo del lessico vernacolare, che conserva il retaggio di un mondo contadino arcaico, il quale ignorava le stagioni intermedie e configurava l'intero ciclo dell'anno come un eterno succedersi di cattiva e buona stagione: a v∂rnat∂ e a staggion∂.
Lo stesso Giano, il dio bifronte dei Romani, erede di divinità mediterranee consimili, custode degli ingressi e dello scorrere del tempo, in origine aveva una relazione con questa arcaica bipartizione contadina del ciclo delle stagioni, che il lessico vernacolare di Ceglie ancora conserva. 3
La scansione più dettagliata in quattro stagioni e, probabilmente, una sovrapposizione postuma. I mesi, infatti, appartengono alla buona o alla cattiva stagione, pur non essendoci in tutto ciò una rigida e pedante distinzione. L'apparente contraddittorietà e la difficoltà di collocazione di alcuni mesi lasciano intravvedere dei margini, che li rendono, specie quelli delle stagioni intermedie, fluttuanti e oscillanti fra l'uno e l'altro polo stagionale.
La riprova di tutto ciò è nel fatto che nei proverbi si coglie quasi un'idea circolare del caldo e del freddo e, conseguenzialmente, del bello e del cattivo tempo. 4
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note
(1) E. LE ROY LADURIE, Tempo di festa, Tempo di carestia, Torino, 1982; Idem, La storia della pioggia e del bel tempo, in AA.VV., Fare storia, Torino, 1981, pp. 209-234.
(2) A. CATTABIANI, Calendario, Milano, 1994, p.13.
(3) M. MESLIN, L'uomo romano, Milano, 1981, pp. 45-46, 52-53,62-63; R. GRAVES, I miti greci, Milano, 1983, par. 34, nt. 3; par. 37, nt. 2.
(4) C.F. PALMISANO, Gestualità e formularità scaramantiche nella cultura contadina di Ceglie Messapica, in Riflessioni-Umanesimo della Pietra (in seguito R-UdP) Martina Franca, Luglio 1997, p. 220.